Il Futuro
- Roberto Bonfanti
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Il Futuro
Il futuro arrivò improvvisamente una notte di primavera.
La sera precedente la gente era andata a dormire nel solito vecchio presente e non si accorse di nulla fino al mattino dopo.
I pochi nottambuli che assistettero all’evento, in seguito furono concordi nel dire che il futuro era arrivato alle quattro, undici minuti e trentadue secondi (tale precisione è facilmente spiegabile, nel futuro l’esattezza è la norma, non l’eccezione).
Fra i primi a rendersi conto della situazione ci furono i redattori dei quotidiani, che cambiarono in tutta fretta le prime pagine, come al solito dedicate al malgoverno, all’aumento della criminalità e allo sport, per dare risalto al sensazionale avvenimento; nonostante l’ora tarda riuscirono a far arrivare i giornali puntualmente in edicola al mattino (un miracolo, potrebbe pensare qualcuno, ma non dimentichiamoci che ormai eravamo nel futuro).
“Comincia una nuova era”, “Il Futuro è qui”, “Viviamo nel Futuro”; i titoloni a nove colonne si sprecavano, anzi, no, erano giusti, nel futuro non ci sono sprechi.
Anche senza i titoli dei quotidiani la gente si accorse subito che le cose erano cambiate. E qui dobbiamo intenderci sulla parola cambiamento, la vita sulla terra procedeva esattamente come prima, con una sostanziale differenza: tutto funzionava alla perfezione.
Dopo secoli e secoli di attesa, di previsioni, di modelli di sviluppo, di teorie su un costante ma progressivo miglioramento, il futuro era arrivato di colpo, ed era alla portata di tutti.
Quella notte scomparve dai vocabolari e dall’immaginario collettivo la parola “progresso”: il progresso era un mezzo, quando il fine è raggiunto che senso hanno i mezzi?
Le guerre cessarono da un momento all’altro, i beni vennero ridistribuiti fra gli uomini in maniera egualitaria, scomparvero le carestie, il cancro e le altre malattie, i politici portarono avanti efficacemente i programmi esposti nelle campagne elettorali.
Splendeva il sole e la pioggia cadeva solamente quando ce n’era bisogno, la squadra del cuore vinceva sempre e il lavoro era diventato un piacevole passatempo, la vita scorreva come un meccanismo ben oliato e secondo l’ordine naturale delle cose.
Il crimine era debellato, l’uso delle armi dimenticato, il sopruso rimosso dall’indole umana, il benessere era il fondamento della vita quotidiana di ognuno.
In un primo tempo i leader delle grandi potenze mondiali fecero a gara ad attribuirsi i meriti della situazione, finché qualcuno fece loro garbatamente notare che, nel futuro, non c’era più bisogno di leader, di governi e di superpotenze: costoro (i più refrattari ad apprezzare i benefici della nuova vita) chiesero scusa a tutti e si dedicarono ad altre attività più divertenti, mentre la gente prese ad amministrarsi da sola, in piena libertà e nell’assoluto rispetto delle libertà altrui.
La morte arrivava in tarda età e serenamente, senza dolore ne traumi per il morituro, mentre i parenti e gli amici salutavano il defunto con grandi feste nelle quali si celebrava la vita piacevole che aveva condotto e che rimaneva per i vivi.
Lo studio della storia era serenamente tollerato nei confronti di pochi eccentrici i quali, poveretti, avevano voglia di tenere vivo il ricordo dei giorni andati; “Che spreco di tempo”, pensava la gente “ricordare il passato, proprio ora che siamo nel futuro!” ma li lasciava fare, rispettando, senza capirlo, il loro pensiero.
Costoro, insoddisfatti, cercavano di minimizzare in pubblico la propria “diversità” ma, intanto, tramavano nell’ombra.
“Non capite quello che ci è stato tolto!” arringavano i nuovi adepti al loro movimento, “La scienza è morta, la ricerca si è fermata, la tecnologia si è piegata ai capricci e alle voglie più ingenue dell’uomo, l’umanità è ridotta a una massa di pecore incapaci di esprimere la propria individualità, rassegnate a una vita incolore. Altro che nuovo mondo, altro che futuro! Questo è un ritorno alla vita primitiva, a una condizione animalesca, un imbarbarimento!”
Nella semiclandestinità il verbo passatista si diffuse e guadagnò sempre più consenso, ciecamente tollerato dalla massa che viveva spensieratamente nel futuro, acquistando discepoli soprattutto fra gli intellettuali, una minoranza pericolosamente sottovalutata, che veniva considerata come una specie di reliquia dei tempi che furono.
Il Partito del Tempo Passato, dunque, crebbe e divenne sempre più forte, nell’indifferenza generale, fino al punto di scendere per le strade a mostrare il proprio dissenso.
“Il futuro è un bluff”, “Fuori dal Limbo”, “Progresso e Libertà”, tuonavano minacciosi e destabilizzanti gli slogan dei nuovi carbonari, che colsero impreparata la popolazione mondiale, costringendola a destarsi dal torpore futurista.
“Rivogliamo il passato, con i suoi dolori e le sue gioie, i suoi splendori e le sue miserie. Siamo stanchi di questo futuro asettico, torniamo a una vita più vera, forse peggiore ma più intensa!” dicevano i manifestanti, e sembravano decisi a tutto.
La maggioranza si sentiva tradita da questa strana protesta: “Ma perché questa gente non si gode la vita come tutti noi, invece di perdersi nei sofismi e nelle elucubrazioni mentali?” si chiedevano le persone di buon senso.
Si cercò di capire, di parlare con i dimostranti e spiegare loro l’assurdità delle loro pretese, ma il dissenso non accennava a placarsi e rischiava di compromettere l’equilibrio perfetto al quale nessuno voleva rinunciare.
Alla fine venne messo insieme un corpo di polizia, un’istituzione di cui si era quasi perso il ricordo, per riportare l’ordine e la calma nella società.
Non si sa con esattezza chi fu a cominciare, quel che è certo è che fu il primo omicidio a scatenare la catastrofe: le cronache del tempo raccontano che un anonimo agente, forse provocato, forse accerchiato dai manifestanti e spaventato da una violenza alla quale non era più abituato, perse la testa e si accanì contro un giovane No-Future, picchiandolo selvaggiamente con il manganello, finché non lo vide morto, per terra.
Alla vista del sangue la folla si fermò per alcuni istanti, come sopraffatta dall’orrore e dallo stupore, poi la rabbia esplose incontrollabile e prese il sopravvento sulla ragione.
La rivolta si espanse a macchia d’olio e nel volgere di poche ore in ogni piazza, in ogni strada e quartiere, in ogni città della terra infuriava la guerra civile.
Fucili, pistole, coltelli e ogni tipo di arma di cui si era dimenticato l’uso tornarono alla luce e furono impiegati in una lotta fratricida e barbarica, della quale ben presto non si ricordarono più le ragioni che l’avevano scatenata.
Riemersero dall’oblio antichi odi e rancori ad alimentare un bagno di sangue che si protrasse per giorni e giorni, in ogni angolo del pianeta.
Gli uomini si macchiarono di ogni tipo di delitto e di efferatezza, finché, decimati dalla lotta, cominciarono a riunirsi in tribù e a negoziare una tregua.
Lentamente e con grandi sforzi si arrivò a una relativa stabilità, si contarono i morti e cominciò la ricostruzione di quanto travolto dalla furia devastante del conflitto.
Progressivamente la vita riacquistò una parvenza di normalità, anche se i focolai di guerra non erano del tutto spenti, si doveva combattere la piaga della criminalità, le malattie e le carestie mietevano vittime fra i sopravvissuti, la giustizia era amministrata in modo imperfetto e il lavoro era tornato a essere una schiavitù per gli uomini.
La restaurazione fu lunga e faticosa ma, non appena la scienza e la tecnica si poterono indirizzare verso altri scopi, si cominciò a ipotizzare un futuro migliore nel quale si sarebbero corretti gli errori del passato.
La sera precedente la gente era andata a dormire nel solito vecchio presente e non si accorse di nulla fino al mattino dopo.
I pochi nottambuli che assistettero all’evento, in seguito furono concordi nel dire che il futuro era arrivato alle quattro, undici minuti e trentadue secondi (tale precisione è facilmente spiegabile, nel futuro l’esattezza è la norma, non l’eccezione).
Fra i primi a rendersi conto della situazione ci furono i redattori dei quotidiani, che cambiarono in tutta fretta le prime pagine, come al solito dedicate al malgoverno, all’aumento della criminalità e allo sport, per dare risalto al sensazionale avvenimento; nonostante l’ora tarda riuscirono a far arrivare i giornali puntualmente in edicola al mattino (un miracolo, potrebbe pensare qualcuno, ma non dimentichiamoci che ormai eravamo nel futuro).
“Comincia una nuova era”, “Il Futuro è qui”, “Viviamo nel Futuro”; i titoloni a nove colonne si sprecavano, anzi, no, erano giusti, nel futuro non ci sono sprechi.
Anche senza i titoli dei quotidiani la gente si accorse subito che le cose erano cambiate. E qui dobbiamo intenderci sulla parola cambiamento, la vita sulla terra procedeva esattamente come prima, con una sostanziale differenza: tutto funzionava alla perfezione.
Dopo secoli e secoli di attesa, di previsioni, di modelli di sviluppo, di teorie su un costante ma progressivo miglioramento, il futuro era arrivato di colpo, ed era alla portata di tutti.
Quella notte scomparve dai vocabolari e dall’immaginario collettivo la parola “progresso”: il progresso era un mezzo, quando il fine è raggiunto che senso hanno i mezzi?
Le guerre cessarono da un momento all’altro, i beni vennero ridistribuiti fra gli uomini in maniera egualitaria, scomparvero le carestie, il cancro e le altre malattie, i politici portarono avanti efficacemente i programmi esposti nelle campagne elettorali.
Splendeva il sole e la pioggia cadeva solamente quando ce n’era bisogno, la squadra del cuore vinceva sempre e il lavoro era diventato un piacevole passatempo, la vita scorreva come un meccanismo ben oliato e secondo l’ordine naturale delle cose.
Il crimine era debellato, l’uso delle armi dimenticato, il sopruso rimosso dall’indole umana, il benessere era il fondamento della vita quotidiana di ognuno.
In un primo tempo i leader delle grandi potenze mondiali fecero a gara ad attribuirsi i meriti della situazione, finché qualcuno fece loro garbatamente notare che, nel futuro, non c’era più bisogno di leader, di governi e di superpotenze: costoro (i più refrattari ad apprezzare i benefici della nuova vita) chiesero scusa a tutti e si dedicarono ad altre attività più divertenti, mentre la gente prese ad amministrarsi da sola, in piena libertà e nell’assoluto rispetto delle libertà altrui.
La morte arrivava in tarda età e serenamente, senza dolore ne traumi per il morituro, mentre i parenti e gli amici salutavano il defunto con grandi feste nelle quali si celebrava la vita piacevole che aveva condotto e che rimaneva per i vivi.
Lo studio della storia era serenamente tollerato nei confronti di pochi eccentrici i quali, poveretti, avevano voglia di tenere vivo il ricordo dei giorni andati; “Che spreco di tempo”, pensava la gente “ricordare il passato, proprio ora che siamo nel futuro!” ma li lasciava fare, rispettando, senza capirlo, il loro pensiero.
Costoro, insoddisfatti, cercavano di minimizzare in pubblico la propria “diversità” ma, intanto, tramavano nell’ombra.
“Non capite quello che ci è stato tolto!” arringavano i nuovi adepti al loro movimento, “La scienza è morta, la ricerca si è fermata, la tecnologia si è piegata ai capricci e alle voglie più ingenue dell’uomo, l’umanità è ridotta a una massa di pecore incapaci di esprimere la propria individualità, rassegnate a una vita incolore. Altro che nuovo mondo, altro che futuro! Questo è un ritorno alla vita primitiva, a una condizione animalesca, un imbarbarimento!”
Nella semiclandestinità il verbo passatista si diffuse e guadagnò sempre più consenso, ciecamente tollerato dalla massa che viveva spensieratamente nel futuro, acquistando discepoli soprattutto fra gli intellettuali, una minoranza pericolosamente sottovalutata, che veniva considerata come una specie di reliquia dei tempi che furono.
Il Partito del Tempo Passato, dunque, crebbe e divenne sempre più forte, nell’indifferenza generale, fino al punto di scendere per le strade a mostrare il proprio dissenso.
“Il futuro è un bluff”, “Fuori dal Limbo”, “Progresso e Libertà”, tuonavano minacciosi e destabilizzanti gli slogan dei nuovi carbonari, che colsero impreparata la popolazione mondiale, costringendola a destarsi dal torpore futurista.
“Rivogliamo il passato, con i suoi dolori e le sue gioie, i suoi splendori e le sue miserie. Siamo stanchi di questo futuro asettico, torniamo a una vita più vera, forse peggiore ma più intensa!” dicevano i manifestanti, e sembravano decisi a tutto.
La maggioranza si sentiva tradita da questa strana protesta: “Ma perché questa gente non si gode la vita come tutti noi, invece di perdersi nei sofismi e nelle elucubrazioni mentali?” si chiedevano le persone di buon senso.
Si cercò di capire, di parlare con i dimostranti e spiegare loro l’assurdità delle loro pretese, ma il dissenso non accennava a placarsi e rischiava di compromettere l’equilibrio perfetto al quale nessuno voleva rinunciare.
Alla fine venne messo insieme un corpo di polizia, un’istituzione di cui si era quasi perso il ricordo, per riportare l’ordine e la calma nella società.
Non si sa con esattezza chi fu a cominciare, quel che è certo è che fu il primo omicidio a scatenare la catastrofe: le cronache del tempo raccontano che un anonimo agente, forse provocato, forse accerchiato dai manifestanti e spaventato da una violenza alla quale non era più abituato, perse la testa e si accanì contro un giovane No-Future, picchiandolo selvaggiamente con il manganello, finché non lo vide morto, per terra.
Alla vista del sangue la folla si fermò per alcuni istanti, come sopraffatta dall’orrore e dallo stupore, poi la rabbia esplose incontrollabile e prese il sopravvento sulla ragione.
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Fucili, pistole, coltelli e ogni tipo di arma di cui si era dimenticato l’uso tornarono alla luce e furono impiegati in una lotta fratricida e barbarica, della quale ben presto non si ricordarono più le ragioni che l’avevano scatenata.
Riemersero dall’oblio antichi odi e rancori ad alimentare un bagno di sangue che si protrasse per giorni e giorni, in ogni angolo del pianeta.
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Ultima modifica di Roberto Bonfanti il 27/12/2018, 9:20, modificato 2 volte in totale.
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Commento
Ciao Roberto. Racconto molto bello. L’uso dello stile cronachistico e del paradosso mi ricorda tanto i racconti di Dino Buzzatti. Bello perché fa riflettere sul presente senza cadere nel pericolo di fare considerazioni troppo esplicite su questioni di stringente attualità, anche se fa sorridere l’assonanza non solo concettuale di alcuni slogan dei contestatori del futuro tipo “Fuori dal Limbo” e “Progresso e Libertà” con quella di alcuni movimenti politici dell’Italia contemporanea.
Segnalo un solo refuso verso la fine del testo (“ne volgere di poche ore” invece che “nel”), mentre avrei messo due punti al posto della virgola alla fine della frase "La morte arrivava in tarda età e serenamente" e poco dopo scriverei “mentre parenti e amici salutavano il defunto con grandi feste”.
Avrei messo un punto al posto della virgola dopo “Progressivamente la vita riacquistò una parvenza di normalità”.
Segnalo un solo refuso verso la fine del testo (“ne volgere di poche ore” invece che “nel”), mentre avrei messo due punti al posto della virgola alla fine della frase "La morte arrivava in tarda età e serenamente" e poco dopo scriverei “mentre parenti e amici salutavano il defunto con grandi feste”.
Avrei messo un punto al posto della virgola dopo “Progressivamente la vita riacquistò una parvenza di normalità”.
- Roberto Bonfanti
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Re: Il Futuro
Grazie Laura per il tuo apprezzamento (l'accostamento a Buzzati mi fa arrossire), ho voluto scrivere una specie di favola surreale e sarcastica, almeno ci ho provato. Ti sono grato anche per avermi segnalato refusi e affinamenti, qualcosa da migliorare c'è sempre! Penso che li lascerò così e li correggerò tutti insieme alla fine della gara.
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- Nunzio Campanelli
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Commento
Una sorta di Utopia di Tommaso Moro, intesa non come luogo fisico, piuttosto come ideale da estendere all'intera umanità. La visione del futuro come metafora del progresso, così come viene descritta nel tuo racconto, è però purtroppo retaggio del passato. Oggi si preferisce coniugare il futuro con l'incertezza, se non addirittura con la catastrofe. Bel racconto. Bella scrittura
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Re: Il Futuro
Ti ringrazio, Nunzio. In effetti, soprattutto la prima parte, è un retaggio da "nostalgia del futuro". Se c'è (e c'è) utopia si rivela un Eden illusorio, bacato da un tarlo, o dal proverbiale serpente.Nunzio Campanelli ha scritto: ↑28/09/2018, 18:14Una sorta di Utopia di Tommaso Moro, intesa non come luogo fisico, piuttosto come ideale da estendere all'intera umanità. La visione del futuro come metafora del progresso, così come viene descritta nel tuo racconto, è però purtroppo retaggio del passato. Oggi si preferisce coniugare il futuro con l'incertezza, se non addirittura con la catastrofe. Bel racconto. Bella scrittura
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- Fausto Scatoli
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bella storia, ben esposta e con pochissimi refusi.
da parecchio tempo, ed è anche la mia firma, sostengo che la cosa migliore da fare sia vivere il presente, e questa storia, tutto sommato, lo conferma. qualsiasi futuro ci aspetti, non aneliamolo troppo: potrebbe deluderci.
unico appunto che mi permetto, in questa frase "Fucili, pistole, coltelli e ogni tipo di arma di cui si era dimenticato l’uso tornarono alla luce e furono impiegati in una lotta fratricida e barbarica, della quale ben presto non si ricordavano più le ragioni che l’avevano scatenata." cambierei il tempo verbale nel passato remoto.
da parecchio tempo, ed è anche la mia firma, sostengo che la cosa migliore da fare sia vivere il presente, e questa storia, tutto sommato, lo conferma. qualsiasi futuro ci aspetti, non aneliamolo troppo: potrebbe deluderci.
unico appunto che mi permetto, in questa frase "Fucili, pistole, coltelli e ogni tipo di arma di cui si era dimenticato l’uso tornarono alla luce e furono impiegati in una lotta fratricida e barbarica, della quale ben presto non si ricordavano più le ragioni che l’avevano scatenata." cambierei il tempo verbale nel passato remoto.
l'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente

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- Roberto Bonfanti
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Re: Il Futuro
Grazie per il commento, Fausto, hai centrato perfettamente il senso del mio racconto. Anche il tuo consiglio lo tengo da parte per le correzioni finali.
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Apocalittico e visionario. Direi pre-veggente , illuminante...fa sicuramente riflettere sui limiti e le debolezze del genere umano, una specie che difficilmente potrà imparare dai propri errori, anche se tu nel finale lasci accesa la speranza di una rinascita. Scusate, è un periodo in cui ovunque mi volti vedo nero. Sono un po' scoraggiata, il mondo sarebbe così bello...
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No, devo dire che l'idea mi ha preso tantissimo. Come l'incipit geniale.
Il futuro prossimo venturo che ci capita tra i piedi da un giorno all'altro con i suoi stereotipi, le speranze che si avverano, la pace, l'agiatezza, la sicurezza, il benessere per tutti. Ma, come si sa, il troppo stroppia, anche se il troppo è la perfezione. E allora mancano le imperfezioni, i patimenti e, come per magia nascono i No-Future, come i No-TAV, i No-TAP i No-qualunquecosa. Perché è normale che ci siano. Altrimenti non saremmo esseri umani se non avessimo opinioni diverse. E, pian piano la "pallosa" tranquillità del futuro torna a trasformarsi nella "vivace" insicurezza del presente. Bella storia. Quello che però ho apprezzato meno è averla scritta in forma di "cronaca"come se la leggessimo su di un libro di storia. Forse raccontarla dal punto di vista di un attivista No-Future...
Il futuro prossimo venturo che ci capita tra i piedi da un giorno all'altro con i suoi stereotipi, le speranze che si avverano, la pace, l'agiatezza, la sicurezza, il benessere per tutti. Ma, come si sa, il troppo stroppia, anche se il troppo è la perfezione. E allora mancano le imperfezioni, i patimenti e, come per magia nascono i No-Future, come i No-TAV, i No-TAP i No-qualunquecosa. Perché è normale che ci siano. Altrimenti non saremmo esseri umani se non avessimo opinioni diverse. E, pian piano la "pallosa" tranquillità del futuro torna a trasformarsi nella "vivace" insicurezza del presente. Bella storia. Quello che però ho apprezzato meno è averla scritta in forma di "cronaca"come se la leggessimo su di un libro di storia. Forse raccontarla dal punto di vista di un attivista No-Future...

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Molto piacevole questo racconto surreale che fa riflettere sul nostro presente e le aspettative di un futuro migliore. Solo che il futuro potrebbe deludere e un futuro piatto senza emozioni troverà qualcuno che gli dirà : no. Così come un futuro ingiusto e fratricida troverà oppositori. Mi piace il tuo stile e apprezzo molto l' ironia che hai adoperato. A rileggerti.
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Bel racconto, mi piace la storia e mi piace com'è scritta. Sono d'accordo anch'io con quanto segnalato da Laura e da Fausto e, come Lodovico, ho adorato quella frase iniziale che sa di fiaba e di tragedia. Perché non siamo fatti per un futuro perfettino che appiattisce desideri e sussulti, che porta via la paura dei guai e però anche la speranza di superarli, perché abbiamo un'anima incontenibile, nel bene e nel male. Nel tuo racconto la bomba scoppia improvvisa e violenta e tutto sembra ricominciare da capo. Il futuro migliore sembra essere sempre quello in cui c'è di continuo la possibilità di sbagliare.


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Bel racconto che inizia come fosse una fiaba moderna, un futuro arrivato all'improvviso dove tutto è perfetto e tutti sono felici.
Ma l'uomo, che da secoli ambiva all'utopico sogno, si scopre infelice per le cose che perso, la sua stessa umanità e ritorna al passato deciso a conquistare un futuro dove tutto sarà perfetto e tutti saranno felici.
Ma l'uomo, che da secoli ambiva all'utopico sogno, si scopre infelice per le cose che perso, la sua stessa umanità e ritorna al passato deciso a conquistare un futuro dove tutto sarà perfetto e tutti saranno felici.
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Re: Commento
Grazie Tiziano, hai sintetizzato perfettamente in un commento "circolare" come il mio raccontoTiziano Legati ha scritto: ↑22/11/2018, 9:48Bel racconto che inizia come fosse una fiaba moderna, un futuro arrivato all'improvviso dove tutto è perfetto e tutti sono felici.
Ma l'uomo, che da secoli ambiva all'utopico sogno, si scopre infelice per le cose che perso, la sua stessa umanità e ritorna al passato deciso a conquistare un futuro dove tutto sarà perfetto e tutti saranno felici.

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- Roberto Bonfanti
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Re: Commento
Grazie per il bel commento, Lodovico, e anche per l'input, sarebbe un buon esercizio di stile riscrivere la storia da quel punto di vista.Lodovico ha scritto: ↑09/11/2018, 16:57No, devo dire che l'idea mi ha preso tantissimo. Come l'incipit geniale.
Il futuro prossimo venturo che ci capita tra i piedi da un giorno all'altro con i suoi stereotipi, le speranze che si avverano, la pace, l'agiatezza, la sicurezza, il benessere per tutti. Ma, come si sa, il troppo stroppia, anche se il troppo è la perfezione. E allora mancano le imperfezioni, i patimenti e, come per magia nascono i No-Future, come i No-TAV, i No-TAP i No-qualunquecosa. Perché è normale che ci siano. Altrimenti non saremmo esseri umani se non avessimo opinioni diverse. E, pian piano la "pallosa" tranquillità del futuro torna a trasformarsi nella "vivace" insicurezza del presente. Bella storia. Quello che però ho apprezzato meno è averla scritta in forma di "cronaca"come se la leggessimo su di un libro di storia. Forse raccontarla dal punto di vista di un attivista No-Future...
Ultima modifica di Roberto Bonfanti il 09/12/2018, 1:09, modificato 1 volta in totale.
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Re: Commento
Grazie per l'apprezzamento, Ida. Hai ragione: siamo fatti così.Ida Dainese ha scritto: ↑16/11/2018, 21:54Bel racconto, mi piace la storia e mi piace com'è scritta. Sono d'accordo anch'io con quanto segnalato da Laura e da Fausto e, come Lodovico, ho adorato quella frase iniziale che sa di fiaba e di tragedia. Perché non siamo fatti per un futuro perfettino che appiattisce desideri e sussulti, che porta via la paura dei guai e però anche la speranza di superarli, perché abbiamo un'anima incontenibile, nel bene e nel male. Nel tuo racconto la bomba scoppia improvvisa e violenta e tutto sembra ricominciare da capo. Il futuro migliore sembra essere sempre quello in cui c'è di continuo la possibilità di sbagliare.
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- Roberto Bonfanti
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Re: Commento
Ti ringrazio per le belle parole e per aver apprezzato l'ironia del mio racconto, Liliana.Liliana Tuozzo ha scritto: ↑16/11/2018, 12:02Molto piacevole questo racconto surreale che fa riflettere sul nostro presente e le aspettative di un futuro migliore. Solo che il futuro potrebbe deludere e un futuro piatto senza emozioni troverà qualcuno che gli dirà : no. Così come un futuro ingiusto e fratricida troverà oppositori. Mi piace il tuo stile e apprezzo molto l' ironia che hai adoperato. A rileggerti.
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Re: Commento
Grazie Carol. Eh, il futuro non è tutto rose e fiori. E la storia è fatta di corsi e ricorsi.Carol Bi ha scritto: ↑02/11/2018, 19:12Apocalittico e visionario. Direi pre-veggente , illuminante...fa sicuramente riflettere sui limiti e le debolezze del genere umano, una specie che difficilmente potrà imparare dai propri errori, anche se tu nel finale lasci accesa la speranza di una rinascita. Scusate, è un periodo in cui ovunque mi volti vedo nero. Sono un po' scoraggiata, il mondo sarebbe così bello...
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Magistrale. Non segnalo refusi, perché non ne ho trovati altri in più rispetto a quanto dichiarato nei commenti precedenti. Mi piacerebbe fare una precisazione sullo stile cronachistico, però. A differenza di alcuni non l'ho trovato fuori-posto, ma il suggerimento di Lodovico è interessante e forse si potrebbe limare l'impianto generale attraverso un accorgimento forse semplice, ma che secondo me avrebbe una straordinaria efficacia. Visto che, come dicevamo, lo stile è storiografico - quasi asettico - potresti segnalare in modo sottile che il paragrafo sia "davvero" un libro di storia, scritto magari dal pugno di uno di quegli intellettuali "carbonari" che hanno scatenato il loro "retour a la raisone" per uccidere il futuro. In questo modo la vena distopica del tuo racconto verrebbe messa in risalto dalla dolorosa verità che, come è sempre accaduto, la storia la scrivono i "vincitori".
- Daniele Missiroli
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Surreale idealizzazione di un concetto astratto che non esiste.
Eh sì, perché il futuro non esiste, esiste solo il presente.
Al massimo, nel presente, si può ricordare il passato, ma è più facile (e conveniente) dimenticarlo.
Un Animal Farm Apocalypse Utopic Human Fantasy.
Eh sì, perché il futuro non esiste, esiste solo il presente.
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Re: Commento
Quanto hai ragione, Daniele! Grazie per il commento.Daniele Missiroli ha scritto: ↑03/12/2018, 21:38Al massimo, nel presente, si può ricordare il passato, ma è più facile (e conveniente) dimenticarlo.
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Re: Commento
Ciao Draper, grazie per l'apprezzamento. Anche il tuo suggerimento è molto interessante, come la considerazione su come ci viene tramandata la storia.
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- Isabella Galeotti
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Un futuro come hai raccontato, non mi piacerebbe. Sarebbe noioso, tutti uguali, tutti identici, nessuna personalità. Quindi il presente deve essere vissuto, che diventa il Tuo passato, e non come il passato di tutti gli altri, ma semplicemente il Tuo. Storia piacevole, dove le descrizioni dei tempi e dei modi sono scritte molto bene.
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Re: Commento
Grazie Isabella per il commento. E, infatti, nel mio racconto vengono fuori i No-Future.Isabella Galeotti ha scritto: ↑21/12/2018, 9:58Un futuro come hai raccontato, non mi piacerebbe. Sarebbe noioso, tutti uguali, tutti identici, nessuna personalità. Quindi il presente deve essere vissuto, che diventa il Tuo passato, e non come il passato di tutti gli altri, ma semplicemente il Tuo. Storia piacevole, dove le descrizioni dei tempi e dei modi sono scritte molto bene.
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