risposta dell'autore, data 12/11/2011
Questo robot costituisce un tentativo di reinterpretare in chiave geometrica l'anatomia umana, proiettando la realtà corruttibile della carne in una dimensione eterna, attraverso l'uso abbondante della sfera, e del cerchio, sua sezione.
Il cerchio appartiene al mondo astratto e perfetto della geometria, eppure è la base della prima e più duratura innovazione tecnologica della nostra storia, la ruota. La sfera è un solido a cavallo fra la finitezza del suo raggio, e l'infinito del pi greco (costante necessaria a definirne superficie e volume) il quale, poichè numero irrazionale, non può essere scritto attraverso un numero finito di cifre decimali.
Allo stesso modo gli esseri umani sono divisi tra la deperibilità del proprio corpo e la convinzione di avere in sè un nucleo pulito ed eterno.
E in fondo la magnifica statuaria classica ha sempre rappresentato un'umanità perfetta ed eterna, che esiste solo nei sogni degli uomini. Gli androidi che giganteggiano in alcuni miei disegni allora non sono altro che un tentativo di inserirmi in quel filone, di aggiungere un'altra voce a quel coro di uomini che ha voluto rappresentare una popolazione di giganti che incarna l'anelito umanissimo di trascendere la miseria del corpo e della mente che invecchiano e si ammalano.
I robot, in quest'ottica, si accostano agli dèi pagani e, senza voler essere blasfemo, ai santi. In ultima analisi la levigatezza delle superfici metalliche e la perfezione della geometria vogliono esprimere la convinzione, forse l'illusione, che noi siamo qualcosa di più di un sacco di visceri, che esista qualcosa di pulito e incorruttibile, un nucleo che sopravviva anche alle più oscene malattie; un cuore che non sia di carne, di cellule che si rompono e impazziscono.